I cammini della fede
Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela. Le grandi mete dei pellegrinaggi medievali continuano ad affascinare i viaggiatori moderni attratti dall’atmosfera storica che avvolge queste città, per di più cariche di significati spirituali. Tuttavia il pellegrinaggio inteso nella sua globalità non è individuato solo dalla destinazione, bensì acquisisce valore dal viaggio intrapreso per raggiungerla, dal percorso in sé, dalle scoperte che si incontrano lungo il cammino, che portano il “pellegrino” a penetrare nella storia, nel paesaggio naturale ed antropologico, per fare un passo avanti nella conoscenza di sé stesso. I Viaggi verso la Terrasanta del IV secolo d. C. diedero avvio al fenomeno nella tradizione cristiana, ma fu durante l’era medievale, quelli che vengono considerati i “secoli bui” d’Europa, che la luce della fede spronò molte persone a sciogliersi dai vincoli ed incamminarsi lungo percorsi individuati fisicamente e valorizzati da un senso spirituale. Dall’anelito generale crescevano le motivazioni particolari di ciascun credente: vedere i luoghi stessi in cui si erano svolti i prodigi, ricalcare le orme divine, adorare e pregare, compiere un voto, implorare un miracolo, procurarsi una reliquia, cercare un luogo di eremitaggio. A ciò si aggiungevano altre intenzioni legate alla sete di novità e di sapere ed allo spirito di avventura. I viatores medievali si muovevano su strade già esistenti. Alcune erano antichi tracciati romani in precedenza battuti dagli eserciti, dai prigionieri e dai messaggeri al fine di controllare e difendere i territori dell’impero e per conquistare nuovi territori. Altri costituivano percorsi già utilizzati per i commerci di prodotti che venivano scambiati tra le popolazioni europee. Inoltre le vie seguite dai pellegrini non erano a loro uso esclusivo, ma condivise con i mercanti stessi, con gli studenti che transitavano da un’università all’altra e con i malviventi che le rendevano più pericolose. Questi tracciati formavano un reticolo abbastanza complesso di assi legati fra loro da una quantità imprecisabile di raccordi sull’intero suolo europeo, comparsi per effetto delle mutazioni politiche e delle modifiche degli assetti territoriali. Essi col tempo subirono una selezione di cui furono artefici i governi degli stati attraversati, con la scomparsa di alcune delle declinazioni secondarie, mentre quelli principali, più trafficati venivano ampliati e lastricati. In Italia l’esempio più eloquente in tal senso è rappresentato dalla Via Francigena, il cui itinerario storico, recentemente individuato e segnalato, non esclude le numerose varianti intrecciate per tutta la lunghezza del cammino. Il passaggio tra primo e secondo millennio fu segnato da una crescita del fervore religioso e dal moltiplicarsi dell’entusiasmo nella ricerca di spiritualità. Per i cristiani, così come per musulmani ed indù, il pellegrinaggio era un modo per trasferire nella pratica il cammino spirituale; esso significava un temporaneo stato eccezionale durante il quale si abbandonava il focolare domestico ed il proprio ambiente di vita quotidiano per rivolgersi a realtà non famigliari, affrontando il rischio e la fatica. Nonostante tutto, i pellegrini medievali trovavano certamente molte occasioni di gioia: la persona devota e pia viveva ogni giorno come una festa perché ogni giorno sapeva di essere sulle tracce del divino, di avvicinarsi sempre più alla meta, rappresentata da un santuario, ma più intimamente connessa alla consapevolezza personale e diretta della propria fede. Si stima che tra il 1050 ed il 1250 siano partiti alla volta di Santiago de Compostela un numero di pellegrini, corrispondenti alla metà della popolazione europea di quell’epoca. Il movimento dei pellegrinaggi quale fenomeno di massa ha conosciuto periodi di grande successo (nell’XI secolo e poi dal XIV secolo con l’istituzione degli anni giubilari) e momenti di calo dovuti all’ostacolo delle autorità o al diffondersi di ideologie avverse, quali il protestantesimo e l’illuminismo, tuttavia non furono mai cancellati completamente, neppure nei regimi totalitari del XX secolo. Ancora oggi si trovano sulle strade che conducono ai santuari persone che rinunciano alle comodità, che intendono viaggiare per pedes apostolorum; così come all’interno dei luoghi di culto si scorgono i segni del passaggio di pellegrini giunti a ringraziare per un favore ricevuto, a chiedere una grazia o semplicemente a cercare consolazione. Sono sempre esistite persone che hanno affrontato l’insicurezza di lunghi viaggi in luoghi sconosciuti spinte dal desiderio di imitare Gesù e altri santi personaggi del tempo biblico e post-biblico. Anche il terzo millennio è caratterizzato da una forte ripresa di spiritualità, manifestata in diversi modi, e da un rinnovato interesse per la fede religiosa. In particolare, nel caso del cristianesimo, vi hanno contribuito la figura carismatica di Papa Giovanni Paolo II, lo svolgimento del giubileo del 2000 e la crescente curiosità rivolta ai cavalieri templari ed ai pellegrini medievali. Si assiste tra l’altro alla rivitalizzazione di antiche vie di pellegrinaggio: il Cammino di Santiago de Compostela, per primo, non ha mai smesso di accogliere i viandanti che attraversano l’Europa occidentale per raggiungere il sepolcro dell’apostolo Giacomo; mentre in Italia il percorso principale che porta a Roma è la Via Francigena. Le attività attorno alle antiche strade devozionali sono cresciute con il risveglio di studi e ricerche, nella consapevolezza del desiderio di conoscenza, di scoperta e di incontro, dimostrato in senso religioso e non. Si sono moltiplicati gli approfondimenti, si sono ricercati e ricostruiti i tratti di strada che congiungono una tappa all’altra, si sono recuperati alloggi e punti di ristoro, sono stati migliorati gli accessi ai luoghi di culto e si sono rivalutati i caratteri peculiari di ogni area attraversata. La valorizzazione della Via Francigena è iniziata nei primi anni 90 del Novecento con la costituzione di un Comitato promotore internazionale, coadiuvato da un comitato scientifico, che ha assunto il compito di determinare il percorso storico e promuoverne la candidatura al Consiglio d’Europa come Itinerario culturale europeo. Gli studi hanno permesso di individuare le tappe fondamentali del tragitto nel racconto di Sigerico, arcivescovo di Canterbury, in viaggio da Roma alla propria patria nel 990. La denominazione di “Francigena” o “Francesca” identifica il legame con il mondo d’Oltralpe, inteso nel Medioevo come l’odierna regione francese ma anche parte della Germania. Inoltre questa via assume a volte il nome di “Romea” in quanto Roma era la meta più importante e carica di suggestioni per i popoli che la percorrevano. La storia del recupero della Via Francigena ha vissuto momenti fondamentali in occasione della nascita dell’Associazione europea dei Comuni italiani sulla Via Francigena e l’avvio del progetto Cammini d’Europa che comprende anche il Cammino di Santiago. Le collaborazioni a livello internazionale sono stimolate dall’idea di strada quale affermazione dell’esigenza di contatto a dell’integrazione tra tradizioni e culture diverse. Così, i cammini europei si propongono anche in qualità di strumenti per soddisfare il bisogno umano di scambio e di conoscenza, attraverso la compartecipazione di esperienze economiche, culturali e sociali tra i vari Paesi interessati e la creazione di una rete viaria unica che consenta di collegare i tragitti principali. Grazie alla sinergia di soggetti pubblici e privati si perseguono gli intenti di agevolare il transito a piedi sull’intero percorso, rendere efficace la segnaletica, produrre materiale utile e di interesse per il pellegrino moderno, organizzare iniziative di cammino in gruppo, rivitalizzare i Comuni affacciati sul percorso tramite lo sviluppo turistico e promuovere lo scambio e l’incontro tra civiltà attraverso progetti culturali ed artistici. Contemporaneamente la programmazione di percorsi di pellegrinaggio ha come scopo fondamentale la rievocazione dello spirito che ha innescato il fenomeno medievale, cioè quella tensione conoscitiva interiore che alimentava nei viandanti il desiderio di affrontare un’avventura in cui il cammino, il viaggio, ha un valore equivalente al raggiungimento della meta. Una concezione che collima con l’idea turistica odierna, nella quale si pensa solo alla meta prescelta e comunemente il percorso di avvicinamento viene concepito solo come una noiosa, quanto irrilevante parte delle proprie vacanze. Esiste però un certo numero di persone che rifiuta il turismo di massa interpretato come pura occasione di svago e di piacere da consumare con ingordigia, al contrario preferisce assaporare ogni momento del viaggio, senza fretta, con la disponibilità a conoscere attraverso tutti i cinque sensi ed aprire la sfera delle sensazioni interiori. I pellegrinaggi sono pensati per essere percorsi a piedi e l’azione del camminare sottende alcune immagini: vagabondare, cercare, crescere, libertà e fatica. Anche l’atto fisico prende parte nell’esperienza del viaggio, con lo sforzo di mettersi alla prova alla ricerca del proprio limite, insieme alla voglia di conoscere ed alla sete di emozioni.
Nota storica a cura di Federica Preti