da vedere a Milano

Approfondimento: 
MILANO
Capitale in Italia della moda e degli affari, dell’effimero e della modernità, Milano come comunemente si immagina è la metropoli caotica e affollata, dove l’intenso traffico e l’urbanizzazione senza posa hanno estinto la possibilità del singolo di accostarsi, in maniera lenta, al carattere più genuino del capoluogo lombardo. La Milano che si conosce passo passo riserva invece alcune gradite sorprese, scorci imprevisti attraverso i quali rivivono vicende e episodi della storia locale, dalle testimonianze dei primi insediamenti celtici, del IV secolo a. C., sino ai giorni nostri. Conquistata dai romani nel 222 a. C., Milano ottenne nel giro di due secoli il titolo di capoluogo dell’XI legione. Anche in età comunale il centro mantenne il ruolo di leader economico e militare della regione, attestandosi quale principale antagonista di Federico Barbarossa, il temuto imperatore germanico. Sono questi gli anni in cui l’abitato viene fortificato con la costruzione di un castello e di un primo recinto murario, che nel corso dei secoli sarà a più riprese ampliato, configurando il tipico sistema a cerchi concentrici che distinguono l’impianto cittadino. Gli anni della signoria viscontea, e poi quelli del ducato sforzesco, sono caratterizzati sotto il profilo politico militare dall’espansione territoriale e dai contrasti con la rivale Venezia, mentre dal punto di vista artistico inaugurano una prospera stagione culturale, culminante nel fecondo ritrovo di intellettuali e artisti della corte principesca di Ludovico il Moro. I secoli della dominazione spagnola vedono invece diminuito il ruolo politico della città, che comunque fra ‘500 e ‘600 si attesta quale roccaforte della controriforma cattolica, grazie all’impegno del Cardinale Carlo Borromeo e del suo successore Federico. Con il Settecento il governo di Mariateresa d’Austria avvia anche nei territori milanesi un profondo risanamento degli organi statali e degli spazi comuni; il ‘700 è anche il secolo che vede Milano partecipe e protagonista dell’Illuminismo europeo, di cui a livello locale la manifestazione più importante fu la pubblicazione del Giornale Il Caffè, diretto dai celebri Pietro e Alessandro Verri. Con l’età napoleonica il capoluogo lombardo riconquistò l’antico prestigio, divenendo capitale della repubblica cisalpina.
Sant'Ambrogio
La basilica accoglie le spoglie del suo primo fondatore, Ambrogio, che fu vescovo di Milano fra il 374 e il 397 d. C. e in quell’arco di tempo stabilì di erigere un tempio sacro sul luogo dove erano stati seppelliti alcuni martiri cristiani. Preceduta dalle arcate di un arioso porticato – in origine destinato ad accogliere chi, non avendo ricevuto il battesimo, non poteva accedere allo spazio ecclesiale – in età altomedievale la grandiosa fabbrica paleocristiana assunse i caratteri propri del romanico lombardo, di cui la chiesa costituisce una delle massime realizzazioni. La facciata a spioventi è compattata dai due campanili di diverse dimensioni: il più antico, detto «dei monaci», è quello di destra, mentre al XII secolo risale la torre di sinistra, detta «dei Canonici». Lo spazio interno, suddiviso in tre navate affiancate da cappelle e scandite da campate, custodisce tesori e arredi sacri per i quali, nei testi di storia dell’arte, Sant’Ambrogio è citazione da manuale; fra tutti si impone il preziosissimo altare d’oro, che rischiara l’area presbiteriale protetto da un ciborio di elegante fattura marmorea. Vero capolavoro di oreficeria carolingia, realizzato fra l’824 e l’859 d. C. e firmato dal mastro fabbro Vuolvino, l’altare è costituito da un cassone in legno rivestito di lamine d’oro e d’argento, di smalti e pietre preziose. Lungo le quattro facce si svolgono vicende di santi, raffigurazioni degli apostoli ed episodi sacri culminanti nelle Storie della vita di Cristo – poste sulla faccia anteriore – e nelle Storie di Sant’Ambrogio – rivolte invece all’area presbiteriale, un tempo riservata al clero. Al termine della navata destra si apre invece il sacello di San Vittore in Ciel d’oro, esistente sin dal IV secolo d. C. ma annesso alla basilica ambrosiana solo nel corso del ‘400; le pareti del sacrario sono ricoperte da stralci di mosaici recanti figure di santi e culminanti nell’estatica visone della cupola, interamente rivestita da tessere d’oro. Datato al V secolo d. C., il ciclo si pone quale rara testimonianza d’arte figurativa paleocristiana. Dall’ambiente del sacello torniamo infine alla chiesa e da qui accediamo alla cripta, ove in una teca di vetro sono esposte  le reliquie di Sant’Ambrogio e, lateralmente, quelle di Gervaso e Protaso, martirizzati secondo la leggenda proprio nell'area di fondazione della basilica. L’intero complesso è stato pesantemente danneggiato dai bombardamenti del ’43.
Sant'Eustorgio
Seconda tappa del nostro cammino milanese è la splendida basilica che campeggia a pochi passi da porta Ticinese. Stando alla tradizione, questa chiesa, come la precedente, sarebbe stata innalzata per volere di uno dei primi vescovi della città, Eustorgio, che ricoprì l’incarico dal 344 al 350 d. C. In effetti, non lontano dalla muratura dell’abside sono state ritrovate tracce di un luogo di culto paleocristiano, che potrebbe essere considerato il nucleo originario dell’attuale costruzione. Affidato all’ordine domenicano, dall'anno 1220 il complesso sacro conobbe numerosi interventi volti al restauro e all’ampliamento della chiesa primitiva, alla quale furono aggiunti un braccio di transetto e numerose cappelle gentilizie; proprio a queste ultime è legato il prestigio della chiesa, che nei secoli poté contare sul sostegno economico delle principali famiglie cittadine, rivali l’un l’altra nell’accaparrarsi le commissioni di maggior autorevolezza. Inaugurata da membri della casata viscontea, la tradizione di porre il proprio monumento funebre a Sant’Eustorgio fu raccolta dagli esponenti dell’elite cittadina, fra i quali Pigello Portinari nel settimo decennio del ‘400 si distinse per la maestosità della sua iniziativa. Trasferitosi a Milano nel 1452, per assumere qui la direzione della filiale lombarda del Banco Mediceo, il ricco funzionario finanziò l’ambizioso progetto per la realizzazione di un sacello funebre impostato su pianta centrale, come i coevi prototipi fiorentini, e ornato alle pareti da un ciclo di pitture di Vincenzo Foppa, artista bresciano fra i massimi esponenti del Quattrocento lombardo. Fatto ingresso nella cappella si nota immediatamente la raffigurazione dell’Annunciazione della Vergine alla quale fa riscontro, in Controfacciata, la scena dell’Assunzione. Nell’intradosso della cupola si distendono quindi fasce concentriche di colore, corrispondenti all’emanazione della luce divina, che fanno da sfondo alle immagini degli Apostoli; a questi seguono i quattro Dottori della chiesa, inseriti in altrettanti tondi, e, al di sotto, grandi scudi recanti lo stemma della famiglia Portinari. Lungo le pareti le pitture sono dedicate a episodi significativi della vita di San Pietro Martire da Verona; in particolare, fra gli astanti del Miracolo della falsa Madonna e del Miracolo della nube si è potuto individuare il probabile ritratto di Pigello Portinari. Nell’abside della cappella figura poi l’arca con il corpo di San Pietro Martire, monumento lapideo del IV secolo d. C. formato dal sarcofago, realizzato in marmo di Carrara, e da otto sottili pilastrini in marmo rosso di Verona. L’opera è completata da un ricco apparato scultoreo comprendente le Virtù, alcuni animali simbolici e rilievi con le storie del santo. Accanto alla basilica si trova il museo parrocchiale, che si sviluppa entro gli spazi dell’antico convento domenicano.
San Lorenzo alle Colonne
La Basilica di San Lorenzo alle Colonne è un importantissimo edificio nella storia dell’architettura occidentale, caratterizzato da un impianto centrale e da una singolare storia costruttiva. La denominazione “alle colonne“ deriva dalla presenza, a fronte del quadriportico d’ingresso, di un colonnato composto da sedici colonne a capitello corinzio e trabeazione, forse parte di un edificio termale romano del terzo secolo. Le colonne vennero trasportate nell’attuale locazione nel IV secolo d. C. durante la costruzione della basilica. San Lorenzo, quasi certamente basilica palatina, è stata edificata in età romana tra il 372 e il 402, nel periodo in cui la capitale dell’impero si era spostata a Milano. Per il suo impianto centrale è paragonabile a San Vitale a Ravenna e alla Cattedrale di Aquisgrana in Germania. Molti dei materiali utilizzati per la costruzione della basilica sono di riuso e provengono dall’anfiteatro romano posto nelle vicinanze. La basilica è composta da un edificio principale, a pianta centrale coperto da una cupola di origine cinquecentesca e una serie di cappelle (San Sisto, San Ippolito e San Aquilino) disposte lungo i lati e sul retro. L’edificio presenta esternamente una facciata ottocentesca realizzata da Cesare Nava, che sovrappone al precedente prospetto rustico tre arcate sulle quali spiccano il tiburio ottagonale e la cupola. Ai lati sono presenti due torri in muratura rustica, quella di sinistra mozza e quella di destra con cella campanaria aperta da trifore, utilizzata in epoca romanica come campanile. L’interno della basilica è caratterizzato dalla presenza di pietre a vista che in origine dovevano essere coperte da fasce di mosaici. Le esedre coperte da calotte sferiche, unite da arconi e sostenute da pilastri cruciformi, intervallano il deambulatorio e i matronei del piano superiore. Sul lato destro si apre la cappella di San Aquilino, coeva alla costruzione della basilica e in origine mausoleo imperiale. Presenta una struttura ottagonale con nicchie e coperta da una volta ad ombrello e al suo interno sono conservati mosaici romani del VI secolo raffiguranti gli apostoli e Cristo. Dietro l’altare maggiore troviamo la cappella di San Ippolito, che si presenta esternamente a struttura ottagonale e internamente con un impianto a croce greca; la cupola emisferica è sorretta da colonne di epoca romana. Sulla destra entriamo nella cappella di San Sisto, edificata nel VI secolo dal vescovo Lorenzo I, ad impianto ottagonale che conserva dell’originale struttura solo la parte inferiore dato che la copertura a volta risale al XVII secolo. Da segnalare la presenza all’interno della basilica, nella zona dell’ambulacro, di una copia dell’affresco dell’Ultima cena di Leonardo da Vinci eseguita probabilmente da Antonio Corna poco dopo l’originale. Sul retro di San Lorenzo si estende il parco delle Basiliche da cui si può ammirare il complesso in tutta la sua maestosità.
Il Duomo
Monumento simbolo della città, il Duomo è dedicato a Santa Maria Nascente e può essere considerato una delle costruzioni più celebri e complesse nel panorama dell’architettura gotica italiana. La sua fabbrica, iniziata nel 1387 per volere dell’arcivescovo Antonio da Saluzzo e del signore Gian Galeazzo Visconti, richiese quasi 500 anni di lavori, tanto che risultava ancora attiva al principio del XIX secolo. Il Duomo fu costruito nell’area in cui già sorgevano le chiese di Santa Maria Maggiore e di Santa Tecla utilizzando materiali pregiati come il marmo di Candoglia. La scelta stilistica, evidentemente ispirata ai prototipi dell’architettura gotica transalpina, rifletteva la precisa volontà di Gian Galeazzo di dar vita a un edificio grandioso, che seguisse le tendenze europee simboleggiando al contempo le ambizioni dello Stato milanese, che in quegli anni aspirava a divenire centro di una potente monarchia nazionale. È ignoto il nome del progettista del Duomo, giacché alla sua costruzione collaborarono artisti lombardi, veneti, toscani, francesi, fiamminghi e tedeschi, che diedero luogo alla cosiddetta “ouvraige de Lombardie”, tendenza intellettualistica e raffinata del gotico fiorito, di cui importante esponente lombardo fu Giovannino de Grassi. Il duomo si imposta su pianta a croce latina ed è internamente suddiviso in 5 navate ritmate da 52 pilastri, alti 24 metri e del diametro di 3 metri e mezzo che sorreggono le volte, un transetto a tre navate e un profondo presbiterio circondato da deambulatorio, che si conclude con un abside poligonale. Il caratteristico slancio verticale della struttura, tipico del gotico transalpino, risulta attenuato dalla dilatazione orizzontale dello spazio, configurazione questa riconducibile a una declinazione più propriamente lombarda del linguaggio gotico. Passeggiando in questi immensi spazi si avrà la possibilità di ammirare meravigliose opere scultoree e pittoriche dei più importanti maestri italiani; a queste si aggiungano le raffinate vetrate di scuola lombarda e i capitelli dei pilastri, decorati con nicchie contenenti statue di santi e profeti a loro volta sormontate da cuspidi. La facciata, scandita da cinque campiture e da contrafforti culminanti in guglie, è il risultato di secoli di progetti di architetti e scultori italiani e fu terminata nel 1813 per volere di Napoleone. Suggestiva è la salita ai terrazzi, che permette di ammirare un fitto intreccio di archi rampanti, pinnacoli statue e guglie. Fra queste è da ricordare è la guglia Carelli, che reca il nome del mercante milanese che lasciò un ingente lascito alla Fabbrica ed è arricchita da statue di tipo borgognone del XV secolo. La guglia Maggiore, infine, è sormontata dalla famosa scultura della “Madonnina”, realizzata da Giuseppe Perego nel 1774 e interamente rivestita da una lamina di rame dorato.
Santa Maria e il Cenacolo
Nel 1463 il duca di Milano Francesco I Sforza decise di far costruire, su progetto di Guiniforte Solari, un convento domenicano ed una chiesa nel luogo dove già si trovava la piccola cappella dedicata a Santa Maria delle Grazie. La chiesa, terminata nel 1490, divenne per volere di Ludovico il Moro luogo di sepoltura degli Sforza. Realizzata in stile gotico lombardo, presenta al suo interno tre navate, sette campate sorrette da colonne di granito e cappelle laterali a pianta quadrata. Di possibile progettazione di Donato Bramante sono parte dell’abside e la zona della tribuna, ampio spazio, costruito sul modulo del cerchio inscritto nel quadrato, profilato da arconi e pennacchi sorreggenti la cupola e decorato da modanature in marmo e mattoni. Da segnalare nella cappella della Santa Corona il ciclo di affreschi cinquecenteschi con le Storie della Passione di Cristo dipinte da Gaudenzio Ferrari. Nella stessa cappella era un tempo conservata l’Incoronazione di spine, capolavoro di Tiziano oggi esposto al Louvre. Nel chiostro adiacente alla tribuna, sulla porta che conduce alla sacrestia, si può ammirare un affresco realizzato da Bramantino.
 
Situato nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, il Cenacolo di Leonardo Da Vinci fu dipinto su commissione del Duca di Milano Ludovico Sforza. La pittura murale rappresenta certo la più celebre illustrazione del passo evangelico, tratto da Giovanni, in cui si narra dell’ultima cena condivisa da Gesù con gli apostoli e di come in quell’occasione il figlio di Dio annunciò che uno dei suoi discepoli l’avrebbe tradito. Isolata in posizione centrale spicca la figura di Cristo, attorno al quale gli apostoli si dispongono a gruppi di tre; a questa moltitudine di uomini Leonardo ha saputo imprimere una straordinaria varietà di sentimenti, resi manifesti soprattutto attraverso l’articolazione dei gesti delle mani e l’insistenza sulle espressioni dei volti. Sullo sfondo della scena si aprono tre finestre che lasciano intravedere un raffinato paesaggio leonardesco illuminando la narrazione di luce fredda e limpida. Seppur dipinta su muro l’opera, dal punto di vista tecnico, non è un vero e proprio affresco, poiché per la sua realizzazione Leonardo adottò una tempera grassa a base di uovo stendendola non sull’intonaco bagnato, come previsto dalla tradizione della pittura murale, ma sull’intonaco asciutto. L’uso di materiali organici e l’innovazione tecnica, che consentirono al maestro di dipingere con calma, ritoccando e perfezionando più volte la sua opera, furono però la causa del rapido degrado di una delle più famose raffigurazioni al mondo. Messo a punto nel giro di quattro anni, fra 1494 e 1498, il Cenacolo misura 4,6 x 8,8 metri.
San Simpliciano
È una delle quattro basiliche strategicamente poste sulle principali vie di uscita dalla città, e in particolare sulla strada che, passando per Como, conduceva verso la Renania. Fatta edificare dal vescovo Ambrogio alla fine del IV secolo, sui resti di un cimitero pagano del secolo precedente, la chiesa, originariamente denominata delle Vergini, fu in seguito intitolata a San Simpliciano, successore di Ambrogio, il quale terminò i lavori e vi depose i corpi dei Santi Martirio, Sisinio e Alessandro. Dall’IX secolo la chiesa e l’annesso convento furono affidati ai monaci Benedettini Cluniacensi, mentre a partire dal 1517 subentrarono i Cassinesi, che governarono il complesso fino al 1798, anno in cui il convento fu trasformato in caserma. Numerose modifiche furono apportate nel corso dei secoli alla struttura della chiesa, di cui l’aspetto attuale ricalca principalmente lo stile romanico. La facciata, con i caratteristici mattoni rossi, presenta arcate che incorniciano i portali e fanno pensare che la chiesa fosse preceduta un tempo da un porticato. Nella parte superiore sono visibili due bifore centrali, tre trifore, di cui due laterali e una posta in alto, e archetti decorativi. Il campanile, la cui altezza è stata ridotta a causa di un intervento cinquecentesco, mostra bifore tardo-rinascimentali. L’interno della basilica è impostato su pianta a croce latina, suddiviso in tre navate, con transetto a due navate. Nella conca dell’abside è custodito l’affresco dall’Incoronazione di Maria, capolavoro di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone. Affreschi di Aurelio Luini, figlio di Bernardino Luini, rappresentanti Sante e Santi sono visibili all’imbocco del presbiterio. Le cappelle della basilica presentano decorazioni barocche, rococò e neoclassiche; significativa è la Cappella del Rosario posta in fondo al transetto, dell’inizio del XVIII secolo. Il Sacello dei Martiri dell’Anaunia, situato a sinistra dell’abside, è invece una costruzione che potrebbe risalire al IV secolo, nella quale sono stati ritrovati frammenti di affreschi del XIV secolo e uno Sposalizio della Vergine di Camillo Procaccini. Si presenta come una piccola basilica, con una pianta a croce latina con abside semicircolare transetto e piccola cupola.